A meno che non si abbia una formazione politica (non necessariamente partitica) o non si abbiano studi umanistici solidi alle spalle, è difficile non rimanere persuasi dal mantra del momento: destra e sinistra non esistono più e la nuova frattura è tra chi ha una visione del mondo aperta e chi chiusa. Proviamo a calarci nei panni di chi ascolta ripetutamente questa frase e non ha categorie mentali condizionate da una visione politica del mondo, per capire meglio.
È difficile non convincersi che, effettivamente, destra e sinistra non siano state superate dalla storia. Pensateci, se si osserva il dibattito politico se ne trova conferma, in Italia e non solo. Partiamo da casa nostra: la composizione della maggioranza di governo; il grande scontro UE/governo italiano sulla legge di bilancio; il dibattito sull’immigrazione e quello sulla digitalizzazione del lavoro.
Sorvoliamo sul fatto che la legge di bilancio con cui, secondo i suoi autori, il popolo avrebbe riacquistato sovranità, sia quella in cui l’Italia ha avuto meno voce in capitolo. Sorvoliamo anche sul fatto che sia una crisi di gestione di flussi migratori e non tanto di migrazioni in sé.
Ci accorgiamo, allora, che nel dibattito sulla legge di bilancio e il debito pubblico si sono allineati Sinistra italiana e Lega Nord. Che Mélanchon e Corbyn hanno sostenuto Di Maio e Salvini. Che, dentro la maggioranza di governo, convivono figure che qualcuno presume essere di sinistra, come Roberto Fico, e Giancarlo Giorgetti, che crede fermamente in tutti i principi cardine della destra conservatrice. Opposti a questo fronte, troviamo (né più né meno compatti della maggioranza di governo, a seconda del provvedimento in esame) il PD, +Europa, Forza Italia.
Spostiamo ora lo sguardo sul fronte immigrazione. I deputati Nicola Fratoianni (Sinistra italiana), Stefania Prestigiacomo (Forza Italia) e Riccardo Magi (+Europa) salgono insieme sulla nave Sea Watch (“violando le leggi italiane”, secondo Matteo Salvini), dando a chi non ha votato né Cinque Stelle né Lega un rarissimo momento di dignità nel dibattito politico. Al netto di Sinistra italiana che poco compare, in realtà, nel dibattito politico nazionale e dunque qui rileva solo parzialmente, siamo di nuovo di fronte a uno scontro tra visione liberale/aperta opposta alla visione protezionistica/chiusa del mondo, seduta ai banchi del governo.
Digitalizzazione del mondo del lavoro. Tutti indiscriminatamente temono la scomparse dei posti di lavoro. I Cinque Stelle sfoderano il Reddito di cittadinanza (non-soluzione al problema) e lo fanno con il sostegno della Lega. Contrari al provvedimento si sono dichiarati PD, Forza Italia e Liberi e Uguali. Sorvoliamo anche qui sulle diverse ragioni dei tre soggetti, perché non sono queste a rimanere impresse a chi può essere persuaso che destra e sinistra non esistano più.
Se si riconosce il fatto che esistono caratteristiche strutturali nella nostra società, prevalentemente causate dalle caratteristiche del nostro modello economico, è evidente che apertura/chiusura non è una frattura politica, ma una baggianata. I problemi strutturali si risolvono con politiche strutturali. Se nasci povero e sei quasi automaticamente condannato a non poter ambire a nulla più che la sussistenza, non ci si può appellare al “quasi” per sbarazzarsi di una questione che è strutturale. E che, per chi è di sinistra, consiste in un problema del modello economico da correggere con politiche sociali e regolazione del modello economico stesso e, se si è di destra, si ritiene risolvibile garantendo quanta più libertà economica possibile. Sto semplificando. Ma il concetto è che apertura e chiusura sono due veli narrativi con cui non si tenta di trovare una soluzione, ma semplicemente di imporre una visione. Che resterà superficiale, perché non appena si mette il naso nella sostanza è necessario compiere scelte centrate su una domanda fondamentale: qual è il punto di equilibrio sociale tra libertà e pari opportuinità?
Sinistra e destra esistono ancora, ma vanno aggiornate. Per esempio, in un mondo civile i diritti civili non dovrebbero appartenere a nessuna delle due categorie. La digitalizzazione del lavoro dovrebbe trovare un'interpretazione progressista che protegge chi rischia di restare intrappolato nel digital divide e al contempo regola l'innovazione tecnologica affiché serva l'uomo. I flussi migratori dovrebbero essere governati secondo una visione multilaterale che, se di sinsitra, prevede di mettere al centro dell'analisi i bisogno dei popoli e, se di destra, mette al centro la crescita economica.
In un mondo che si risveglia dal sonno della ragione, esistono i deboli e i forti. E ci sono analisi delle ragioni dietro la debolezza di tanti e la forza di pochi. A quel punto, non è la visione aperta o chiusa del mondo a trovare le risposte, bensì la compresione che ciascuni di noi ha di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. E sono l’esperienza personale e la formazione a guidare la nostra comprensione del concetto.
Naturalmente, questa baggianata è una cosa seria, perché a rimanerci fregata è quasi esclusivamente la sinistra progressista e riformista. A guadagnarci restano il liberismo sfrenato, che trova i suoi nuovi campioni nella visione "aperta", e la visione regressiva, come quella del governo italiano e dei suoi simili (ideologicamente) nel mondo, da Trump a Orban, che naturalmente ha i suoi eroi tra i protezionisti/chiusi. Guarda caso, i migliori promotori di questa visione del mondo sono tra i forti. Vale per entrambi gli schieramenti.
Sorge un dubbio, allora. Che stiamo vivendo in una profezia che si sta autoavverando. Con la consapevolezza che non sia affatto facile scuotere leadership e masse dal sonno della ragione e riassumere coscienza; che organizzare gruppi politici e sociali sia più difficile che mai. Ma anche che non sia impossibile. Per prima cosa, pero’, occorre destarsi e tornare coscienti. Come disse Rosa Luxemburg: chi non si muove non nota le proprie catene. Muoviamoci, o l'unica risposta alternativa verrà in forma di confusione sociale, proprio come i gilets jaunes.