Framment(at)i

Non ho una lunga storia, eppure mi è già capitato di cambiare opinione su un tema in base a incontri, esperienze e informazioni acquisite nel tempo, che hanno influito sulla mia sensibilità, politica e non.

Tra i temi su cui non ho però mai cambiato opinione, c’è l’idea che la sinistra debba marciare unita. Che unire tutti gli oppressi sia il cuore di qualsiasi battaglia per la giustizia sociale e, dunque, che la frammentazione della sinistra sia un male assoluto per la difesa dei più deboli.

Appartengo alla generazione nata in contemporanea alla fine della prima Repubblica e la caduta del muro di Berlino. Il tentativo di capire alcuni tra i meccanismi che muovono i rapporti tra le diverse voci della sinistra non è stato sempre lineare: ha richiesto tempo, studio e soprattutto ascolto di chi c’era quando in effetti le differenze erano nettissime. 

Nondimeno, cercando di capire il perché di tanta frammentazione, ho imparato anche ad apprezzare la fermezza con cui viene difesa la propria specificità da parte delle diverse anime della sinistra. Da 10 anni milito in un partito ormai piccolo in Italia, perché riconosco le ragioni identitarie che ne motivano l’esistenza. Oggi, non vedo contraddizione tra l’esistenza di più partiti e la possibilità di condurre lotte comuni. Forse perché cresciuta con una mentalità da proporzionale e dunque da coalizione, credo che le alleanze possano convivere con il conflitto. Che fronte comune non significhi annullamento di uno nell’altro, bensì compensazione e bilanciamento per avere una copertura di interessi più completa.

È il piano del dover essere naturalmente, non coincidente con quello dell’essere. Perché in quello dell’essere entrano in gioco le interpretazioni e le relazioni personali. Ma restiamo sul piano del dover essere, ché da qualche parte è necessario iniziare. Credo, dunque, che si possa convivere mantenendo le proprie specificità, per raccogliere una comunità e tenerla unita attorno a concetti identitari forti, senza per questo escludere la collaborazione con chi condivide valori di fondo, senza condividere il 100% di un programma di governo.

Perché il nemico è esterno. Il nemico è la destra, sono le disuguaglianze e l'ordo-capitalismo. Il nemico è chi sfrutta e opprime - vuoi con la frusta, vuoi con la liberalizzazione sfrenata a unico vantaggio di chi è nato privilegiato.

Questo post è in realtà una lunga premessa per spiegare quanto ritenga sbagliati, storicamente, i recenti annunci di Mélenchon sull’Unione europea e la lotta aperta tra Commissione e governo giallo-verde. Così come quelli dei Brexiteers di sinistra. Ma ci vuole una riflessione a parte, che troverete a breve su questo blog.