Le scivolate del portavoce del Presidente del Consiglio sono ormai talmente numerose da non fare più notizia. Tuttavia, quella riportata dai media nel corso della settimana appena trascorsa ha davvero del clamoroso. Il nostro era ripreso nel corso di un incontro in cui propalava il proprio pensiero, o presunto tale, ricco di vere e proprie volgarità nei confronti delle persone affette dalla sindrome di Down. A questa brillante impresa, rispetto alla quale l’ex concorrente del Grande Fratello ha tentato una difesa improbabile, sono seguite reazioni tanto stizzite e indignate quanto motivate e condivisibili, veicolate, come è uso in questi tempi, in particolare dai social media.In molti, tra queste, hanno voluto mandare un messaggio al Signor portavoce attraverso l’immagine di un proprio amico o parente, che fosse figlio, nipote o cugino poco importa, affetto dalla medesima sindrome. Ammetto che questi messaggi mi hanno dapprima spiazzato, quindi, a freddo, suscitato un certo disagio. Anzitutto, per una ritrosia più personale a mischiare pubblico e privato, specialmente coinvolgendo categorie più deboli, quali possono essere bambini, anziani, diversamente abili. In secondo luogo, ritenendo improprio rendere partecipi tutti costoro al livello di una becera polemica con un volgare figuro. Mi sono poi chiesto “chi sono io per giudicare?”, riflettendo che, in fin dei conti, non spettasse a me valutare la scelta di persone comuni di rivendicare con orgoglio i propri affetti e la normalità dei propri prossimi. Certo, con una sola ma importante eccezione, perché quando ad essere protagonisti di queste situazioni sono personaggi con un ruolo pubblico (è girato, ad esempio, un tweet dell’ex premier Renzi ritratto in foto con in spalla la nipotina affetta da sindrome di Down) il confine tra orgoglio e cinismo diventa molto incerto e difficile da tracciare.