QUOTA 10

L'impressione è che Piazza del popolo domenica 30 settembre non fosse strapiena e gli organizzatori del Pd avrebbero fatto meglio a non sparare cifre sulla cui credibilità, a spanna, è lecito nutrire dubbi.
Ma il punto non è questo.

Il punto è che, il rischio "piazze piene urne vuote"come ammoniva Pietro Nenni permane perchè non è con una manifestazione di piazza che si può invertire un trend negativo e soprattutto se da quella piazza appare palese l'assenza di un disegno politico intelleggibile.
Piazza del popolo non ha migliorato di un millimetro la situazione del Pd. A poco sono serviti gli abbracci dei big nel backstage a favore di fotografi e cineoperatori.
La kermesse non ha scaldato i cuori dei militanti giunti in maggioranza da Lazio e Toscana che si sono impegnati in un'ammirevole e continuo appello all'unità del partito.
Già ma quale partito? Quello evocato dal fragile e generoso segretario reggente Maurizio Martina impegnato a gridare alvnto ossimori improponibili parole d'ordine (un "riformismo piu’radicale", ma che vuol dire?), scivolando peraltro nell'antico vizietto di chi, aidentitario, si attacca al leader straniero del momento (Jeremy Corbyn) per proporre mediante parole ispirate parole d'ordine di sapore novecenesco mentre i mandarini dietro al palco, usciti fotografi e cineoperatori, tornavano a guardarsi in cagnesco in vista del congresso (se mai si farà) come gatti ciechi e sordi ad ogni sollecitazione, arciconvinti che la salvezza del Pd passi per la difesa strenua delle proprie rendite di posizione?
Seve ne fosse avvertita la necessità il pomeriggio romano di fine settembre ha mostrato un Pd ancora malato, neppure convalescente, avvitato in riti e liturgie inutili se non dannose.
Ha ragione Massimo Cacciari: se la prospettiva sono le primarie e un finto congresso il Pd perderà ulteriori consensi e finirà per attestarsi non oltre qiota 10%