GIUSTIZIA NON VENDETTA

La notizia della cattura e della rapida estradizione di Cesare Battisti non poteva che essere accolta con soddisfazione bipartisan.

Gli efferati delitti di cui è stato riconosciuto colpevole dopo ben tre gradi di giudizio dai quali si è sottratto e per i quali è stato condannato riportano alla memoria di chi c'era l'atmosfera plumbea degli anni 70 e il clima di odio che l'applicazione letterale di un'ideologia perversa aveva instillato in settori della società italiana, tanto minoritari quanto violenti.
E' giusto e doveroso che Battisti sconti la sua pena dopo esservisi sottratto, godendo di fin troppe protezioni in giro per il mondo sulle quali, quelle concrete, è auspicabile venga presto fatta luce.
Ciò premesso è stato davvero sconcertante leggere e ascoltare le parole del ministro dell'Interno Matteo Salvini che nemmeno stavolta è stato in grado di utilizzare un lessico non tanto ministeriale quanto misurato, come hanno fatto tutti gli altri esponenti politici, abbandonandosi a dichiarazioni che definire eccessive significa usare un pietoso eufemismo. Espressioni come "deve marcire in galera fino alla fine dei suoi giorni" mal si confanno con l'ufficio che il leader leghista occupa pro tempore. Mai un ministro della Repubblica si è espresso pubblicamente con affermazioni degne dei peggiori haters del web.
"Battisti finalmente sconterà la pena che gli è stata comminata dalla giustizia italiana per i crimini efferati di cui si è reso responsabile". Sarebbero state sufficienti queste poche ma sentite parole. Ma Salvini non perde occasione per fare il Rodomonte infischiandosene della differenza, che un uomo di governo dovrebbe sempre tenere presente, che corre tra giustizia e vendetta. Dovrebbe leggere e meditare, anzichè passare il tempo a berciare sui social, l'opera di Cesare Beccaria un suo grande concittadino, Dei delitti e delle pene.
Anche per Salvini non è mai troppo tardi.
(E.P.)