E' trascorso mezzo secolo dall'invasione dell'allora Cecoslovacchia delle truppe sovietiche e il posizionameto degli attuali vertici della Cechìa va nella direzione opposta rispetto ai motivi che indussero Alexander Dubcek a promuovere "il socialismo dal voto umano".
La Repubblica Ceca pur facendo parte della Nato e dell'UE è stata schierata dal Presidente della Repubblica Milos Zeman e dal neo premier Andrej Babiš su posizioni radicalmente sovraniste e sostanzialmente filorusse.
Entrambi i leader sono stati membri del partito comunista e di Babis, oggi imprenditore milionario, grazie all'appoggio ottenuto nel corso degli anni dagli oligarchi moscoviti, corre voce che sua stato, negli anni 80 un ufficiale del Kgb.
Come il suo méntore Wladimir Putin.
Quanto a Zeman che non ha neppure partecipato alla commemorazione dell'invasione sovietica tenutasi a Praga lo scorso agosto ha più volte minacciato di voler far uscire Praga dall’Unione europea per avvicinarla alla Russia e ha più volte evocato la possibilità di un referendum per abbandonare la Nato.
I due sono sovranisti e nazionalisti convinti, ferocemente contrari alla accoglienza dei migranti al punto che in occasione del recente vertice bilaterale svoltosi a Roma, il premier italiano ha chiesto a Babiš di aprire le porte della Repubblica Ceca anche a un solo migrante.
Quella di Conte, era chiaramente una provocazione "simbolica".
La risposta di Babiš? No. Un no che, una volta di più sostanzia l'atteggiamento dei membri del gruppo di Visegrad all'approccio della condivisione.