Don Bosco 2000. Destinazione Gambia

"Siamo partiti per l’11esima volta verso l’Africa. Questa volta la nostra destinazione - oltre il Senegal - è il Gambia. Insieme a me e Cinzia ci sono Fadiga, che ritorna in Senegal, Lamin e Siaka, arrivati in Italia con il barcone 4 anni fa, che tornano in Gambia.


Tornano “a casa loro” per progettare insieme interventi di agricoltura sostenibile nei loro villaggi di origine. Come associazione salesiana siamo felici di andare in Gambia con la benedizione che il Rettor Maggiore Ángel Fernández Artime ci ha dato durante l’Harambè missionario di una settima fa a Torino. Precederemo l’arrivo dei missionari salesiani che saranno in Gambia nei prossimi mesi per aprire la nuova missione salesiana nella 133esima nazione del mondo. Il Gambia è uno dei paesi più poveri del mondo in cui la migrazione forzata verso l’Italia è stata massiccia negli ultimi anni grazie al regime di Yahya Jammeh che ha costretto molti giovani a scappare dal paese. Insieme a noi ci sarà una troupe di RaiNews24 con Angela Caponnetto ed Andrea Vaccarella. Vi racconteranno insieme a noi il viaggio"
Agostino Sella


Gambia. La rinascita di una piccola nazione in cerca di rilancio

Il più piccolo stato dell’Africa continentale, il Gambia (nella foto la capitale Banjul), geograficamente circondato dal Senegal – con cui, dal 1982 al 1989, ha formato il Senegambia – è stato creato da un accordo tra Francia e Inghilterra nel 1889 prima di diventare, cinque anni più tardi, una colonia inglese a tutti gli effetti. Indipendente dal 1965, fino al 1994 (anno del golpe di Yahya Jammeh) il Gambia ha rappresentato un esempio di stabilità e democrazia nella regione. Il ventennale malgoverno di Jammeh, basato su repressione, corruzione e terrore (su cui sta indagando il Tribunale Penale Internazionale), secondo il programma per lo sviluppo dell'Onu ha fatto precipitare il Paese al 173º posto su 188 in termini di povertà. Tra il 2013 e il 2015, poi, Jammeh decretò l'uscita  dal Commonwealth e dichiarò la nascita della Repubblica islamica del Gambia introducendo la Sharia.
Negli anni del regime, migliaia di giovani gambiani hanno tentato la «back way» così come viene chiamata l’avventura migratoria verso il «sogno europeo». Nel 2016 sono entrati illegalmente in Italia 11.929 migranti provenienti da questo paese che, nonostante una popolazione totale di appena 1.8 milioni di abitanti, da diversi anni occupa i primi posti negli arrivi di subsahariani in Europa. Stando ai dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) del settembre scorso, a fronte di 1.979 gambiani registrati in Libia, 1.119 fra loro sono stati ricondotti a casa.
Il tasso di disoccupazione, 29%, per i più giovani sfiora oggi il 40%.
Alle elezioni del dicembre 2016 Jammeh si presentò per il quinto mandato consecutivo.
Ma la vittoria andò con il 43% delle preferenze all'Udp, coalizione delle forze socialdemocratiche d’opposizione guidata da Adama Barrow. Il partito di Jammeh, per anni unica formazione politica ammessa alle elezioni, venne sconfitto ottenendo solo il 39% dei suffragi. Jammeh si rifiutò di lasciare il potere e costrinse all’esilio il rivale Adama Barrow che si rifugiò in Senegal, a Dakar aspettando di poter rientrare nel paese da nuovo legittimo presidente.
Allo scopo di evitare una guerra civile la Cedeao, Comunità economica degli stati africani affidò al confinante Senegal una missione militare che riuscì ad ottenere le dimissioni di Jammeh che riparò in esilio in Guinea equatoriale.
Alla fine di gennaio 2017 Jallow si insediò come legittimo presidente del Gambia, non più Repubblica islamica, che oggi si appresta, come confermato recentemente dal Ministro britannico Boris Johnston a rientrare nel Commonwealth.
Jallow e il suo governo sta cercando  di rinsaldare il patto sociale fra politici e cittadini e rilanciare un’economia disastrata da troppi anni di corruzione e nepotismo.
Circa tre quarti della popolazione gambiana lavora nell'agricoltura. Questa è rimasta essenzialmente invariata e consiste in colture di sorgo e granoturco per metà delle aree coltivate, di arachidi per un altro quarto e il resto per piccole colture di sussistenza. I raccolti coprono solo metà del fabbisogno alimentare del paese perchè le terre coltivate sono solo metà di quelle disponibili con l'altra metà che non viene sfruttata L'allevamento e la pesca giocano un importante ruolo nello sfamare la popolazione ma contribuiscono molto poco al PIL. Un terzo della popolazione non ha un fabbisogno alimentare garantito. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità tra il 2014 e il 2016 oltre 200.000 persone hanno dovuto fare affidamento sugli aiuti umanitari.


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