In Iran, Nasrin Sotoudeh è stata condannata a 38 anni di prigione e a 148 frustate solo per aver svolto il suo lavoro di avvocata. A denunciarlo su Facebook è stato Reza Khandan, il marito della più famosa avvocata iraniana per i diritti umani, una dei pochi rimasti nella repubblica islamica. Tra le accuse: propaganda contro il sistema, incontri ai danni della sicurezza nazionale, partecipazione al movimento contro la pena di morte, incitamento alle donne a togliersi il velo e ad azioni immorali. Nasrin Sotoudeh, 55 anni, è una leader, che ha scelto di restare in Iran e che sa parlare al popolo. Attaccati al muro dietro la sua scrivania ci sono lettere di solidarietà che da tutto il mondo furono spedite ai suoi bambini, Mehrave e Nima, quando fu arrestata già nel 2011 (scontò 3 anni). All’Europa che le ha assegnato nel 2012 il premio Sakharov, Sotoudeh chiedeva nell’ultima intervista concessa al Corriere, nel gennaio 2018, di intervenire per aiutare i manifestanti arrestati nel suo Paese. In passato Nasrin ha difeso minorenni nel braccio della morte, attivisti studenteschi, curdi, di religione bahai, inoltre ha fatto da sostegno alle cosiddette «ragazze di via Rivoluzione» che si sono tolte il velo sventolandolo come una bandiera. La nuova condanna è scioccante, come la recente nomina a capo della magistratura di Ebrahim Raisi, che nel 1988 sarebbe stato uno dei membri della cosiddetta «Commissione della Morte», responsabile di aver fatto giustiziare migliaia di prigionieri politici. Dal 2017 ci sono state proteste quasi quotidiane di gruppi diversi, lavoratori, insegnanti, le ragazze contro il velo.