L’ex prefetto capo Morcone: Il Dl sicurezza demolisce un sistema di accoglienza equa



Sul provvedimento pesano le critiche di una parte del M5s. Circola l’ipotesi del voto di fiducia. Non sarebbe una forzatura, tanto più dopo aver scelto la forma del decreto su una materia sensibile come quella dei diritti?

“Non c’è dubbio che temi come questi meriterebbero un percorso parlamentare aperto, e non strozzato dalla fiducia. Ma bisogna essere onesti con sè stessi: quanti decreti sono stati fatti quando mancava il requisito dell’urgenza? Potremmo citare governi di centrodestra e di centrosinistra”, spiega Morcone.

Giuristi e associazioni denunciano l’incostituzionalità di alcuni articoli. Qual è il punto di vista di un Prefetto che ha rivestito le cariche più alte nell’amministrazione del fenomeno migratorio?

“Non sono un costituzionalista. Non ho la presunzione di dire la verità. Ma il tema della revoca della cittadinaza è certamente incostituzionale. Per un fatto semplice: non è possibile realizzare due categorie, quella di quelli a cui è possibile revocare la cittadinanza, e quelli a cui non la si revoca, in presenza di certi reati. Sia chiaro, io posso anche essere convinto del merito del progetto. E cioè che una persona che è stata accolta e che si è insediata in Italia e a cui abbiamo dato la cittadinanza, se tradisce e commette reati gravi, merita una pena esemplare. Ma per fare questo non posso scardinare l’articolo 3 della costituzione, smantellare il principio dell’eguaglianza sostanziale. Probabilmente si tratta di un’evenienza che non si verificherà mai. Di una norma bandiera che non verrà mai attuata. Ma in ogni caso incrina un principio costituzionale”.

In secondo luogo, aggiunge Morcone, “c’è una lesione nei diritti del migrante laddove si prevede che venga anticipata la convocazione della commissione che accorda la protezione internazionale. Siamo in assenza dei tre gradi di giudizio. E c’e’ uno stravolgimento della natura stessa di questa commissione, che dovrebbe godere di una neutralità assoluta, e che invece viene chiamata a svolgere una funzione di filtro sulla base di un pregiudizio di partenza, quello cioè della colpevolezza del migrante”.

Fin qui i presupposti costituzionali del decreto. Ma che tipo di ‘macchina dell’accoglienza’ disegna questo provvedimento?

“Da questo punto di vista- spiega alla Dire il prefetto Mario Morcone- temo fortemente che faremo passi indietro rilevanti nel rapporto che abbiamo costruito con le regioni e coi comuni, facendo in modo che i sindaci fossero protagonisti di un’accoglienza diffusa, equa, distribuita sul territorio anche attraverso i progetti Sprar. Un progetto realizzato negli anni. Prima con la conferenza unificata del 2014, poi con l’accordo Anci-governo del 2016. Tutto questo viene travolto con il rischio ulteriore di un passo indietro rispetto all’infrastruttura che si stava costruendo”.

I Comuni perdono centralità nella gestione?

“Prima i sindaci potevano godere di una clausola di sovranità che li metteva in condizione di modulare uno Sprar con un numero di persone corrispondenti a quelle che ritenevano il territorio potesse accogliere. Ora il sindaco viene ricacciato indietro e di fatto andremo a finire di nuovo al sistema che io chiamo dell’ albergatore fallito. Se poi a questo si aggiunge il taglio nei servizi di accoglienza derivante dalla decurtazione dei ‘famosi’ 35 euro, allora bisogna mettere in conto che molte associazioni non saranno più disponibili. In questo campo operano associazioni per bene, che fanno questo anche per dei valori, non solo per guadagnare. Se devi fare solo l’albergatore, assicurare un posto per dormire e qualcosa da mangiare, allora, puoi anche pensare che non ne valga la pena”.

Il ministro Matteo Salvini vanta una forte riduzione degli sbarchi.

“L’errore è immaginare che fermati gli sbarchi hai risolto il problema. Gli sbarchi li abbiamo ridotti enormemente- spiega il prefetto Mario Morcone, direttore del Cir- ma l’immigrazione e’ un’onda che continuamente ha dei picchi. Nessuno può pensare che il tema immigrazione finisca qui. Ritornerà ciclicamente fino a quando non risolveremo il problema dell’Africa. Intanto stiamo demolendo un sistema costruito a fatica per trovarci di nuovo alla prossima emergenza a nominare un commissario e a rincorrere un fenomeno che eravamo perfettamente in grado di governare”.

Questo può corrispondere a un disegno politico preciso. Scegliere l’emergenza piuttosto che la gestione di un fenomeno.

“C’e’ chi ha bisogno di tenere caldo il tema dell’emergenza e del conflitto, non ce lo nascondiamo. Per fortuna, nei fatti emergenza e conflitto non ci sono, al di là di fatti di cronaca che possono essere più o meno enfatizzati in alcuni aspetti. Comprendo che questi temi possano attrarre l’attenzione e creare consenso. Ma la sostanza vera e’ che non bisogna demolire un sistema stabile di accoglienza che vedeva i sindaci in primo piano”.

(Dire)