Rocco Greco, accusato dagli estorsori di aver avuto rapporti con la mafia, era stato assolto in tribunale, ma dal prefetto arriva l'interdittiva e lui perde gli appalti. "Denunciare i boss del pizzo mi è costato caro", ripeteva alla moglie negli ultimi tempi. Rocco Greco, l'imprenditore simbolo della lotta al racket nella frontiera di Gela, si è sparato un colpo di pistola alla tempia. Ma il paradosso è stato che i mafiosi che aveva fatto condannare lo avevano denunciato. Ovviamente assolto subito, Il giudice aveva ribadito che Rocco Greco era stato vittima della mafia. Nell’ottobre scorso la prefettura gli aveva ritirato la ditta "Cosiam srl". Nel 2007, Rocco Greco non solo aveva denunciato i boss della Stidda e di Cosa nostra che si dividevano il pizzo. Aveva anche convinto altri sette imprenditori a fare la sua stessa scelta. Le denunce di quegli imprenditori fecero scattare undici arresti nel blitz ribattezzato "Munda mundi". E dopo gli arresti, le condanne per 134 anni. Una sentenza che anche la Cassazione ha confermato. Ma nelle vene dei processi sono rimaste le accuse degli imputati, che hanno sempre cercato di gettare ombre su chi li aveva portati in carcere. Dopo l'ultima interdittiva antimafia, un mese fa, sono arrivate le revoche di tutte le commesse pubbliche e private per la ditta di Greco, che si occupa di lavori edili. "Sono stati licenziati 50 operai", dice Francesco Greco. Intanto, l'imprenditore provava a ribadire le sue ragioni con una serie di ricorsi. "Il giorno dopo, il 26, siamo andati dall'avvocato per un ulteriore ricorso", racconta ancora il figlio. "La sera, papà era euforico. Mi sembrò strano. Diceva: che bella serata stiamo trascorrendo. Non capivo". Mercoledì mattina, Rocco Greco si è svegliato alle 5,30. Ha detto alla moglie che andava in azienda per guardare alcune carte.