La migrazione vista dai migranti. Il caso Senegal

E per quanti si trovano in uno stato di necessità lasciare il villaggio è una soluzione, benché non l’unica, anche se si conoscono i rischi della migrazione irregolare. È quanto emerge dall'indagine sul campo “Partire e ritornare” condotta in Senegal, nella Regione di Matam, dal Centro Studi e Ricerche Idos nell’ambito del progetto #Crea, CReation d’Emplois dans l’Agriculture (Creazione di opportunità di lavoro in agricoltura), realizzato da Green Cross Italia e cofinanziato dal Ministero dell'Interno con l’obiettivo di rafforzare le capacità di resilienza delle comunità locali, mitigare le conseguenze dei cambiamenti climatici, dare un impulso alla lotta alla povertà.

La ricerca evidenzia anche un altro dato significativo: nessuno vuole emigrare definitivamente. Il 73% degli intervistati afferma che i migranti con cui sono in contatto intendono rientrare, mentre la quasi totalità ha risposto che, nel caso in cui decidesse di partire, lo farebbe solo temporaneamente. I ricercatori di Idos hanno somministrato un questionario a persone di diverse età e status socio-economico e realizzato interviste semi-strutturate con i rappresentanti di istituzioni, economia, organizzazioni di cooperazione internazionale e della società civile. Quello che si delinea è un quadro preciso del fenomeno migratorio che nel 2017 ha portato l’Italia a essere il primo Paese europeo per numero di senegalesi titolari di permesso di soggiorno (97.056), seguita dalla Francia con 68.726 e dalla Spagna con 61.728. Un fenomeno che ha un impatto importante sull’economia del Paese di origine: i senegalesi all'estero ogni anno contribuiscono in modo sostanzioso al benessere delle loro famiglie e dei loro villaggi. Nel 2017 le rimesse hanno raggiunto il volume totale di quasi 2 miliardi di euro (pari al 13,7% del Pil del Senegal), di cui 309 milioni dall'Italia, che rappresenta il 15,6% del totale delle rimesse.

“Percorrendo da oltre sette anni i villaggi più sperduti della valle del fiume Senegal abbiamo constatato che le condizioni di miseria e di esclusione hanno portato a una massiccia emigrazione e a un progressivo impoverimento – dichiara il presidente di Green Cross Italia Elio Pacilio –. Qui è diminuita drasticamente la capacità di resilienza delle popolazioni rurali agli effetti dei cambiamenti climatici sull’agricoltura e alle trasformazioni sociali in atto, determinate dalla crescita economica del Paese. Per il governo senegalese e per le politiche di aiuto e sostegno allo sviluppo dei Paesi europei, la sfida non riguarda solo l’accompagnamento a una crescita economica ma anche un’azione di espansione dei diritti dei lavoratori e di una protezione sociale sostenibile e solidale”.

“L’esperienza migratoria di quanti provengono da aree del mondo così estremamente povere – aggiunge Luca Di Sciullo, presidente di Idos – è spesso sostenuta da un investimento di tutta la collettività di appartenenza. Per questi migranti, la possibilità di alimentare canali di “ritorno” di un simile investimento, in termini sia di rimesse che di reinvestimento sociale e culturale nel territorio d’origine, ancor prima del loro eventuale “ritorno” fisico, sancisce il successo di quella scommessa di rinascita collettiva di cui sono portatori viventi e che è perciò fondamentale sostenere e favorire quanto più possibile- (Vita)