Il numero degli sfollati forzati è in aumento e la fame è spesso sia causa che conseguenza dello sfollamento: migrazione forzata e fame sono due problemi strettamente correlati che colpiscono le regioni più povere del mondo e segnate da conflitti.
Con un minuto di silenzio ''per ogni bambino che ancora muore di fame'' il vice ministro agli Affari Esteri, Emanuela Del Re ha aperto i lavori della Giornata mondiale dell'alimentazione, il prossimo 16 ottobre, in occasione della quale la Farnesina ospita una conferenza internazionale sugli obiettivi per lo sviluppo sostenibile. Una conferenza ''operativa'' ha auspicato Del Re perché ''per raggiungere l'obiettivo che ci siamo proposti 'fame zero' entro il 2030 è necessario fare passi concreti subito''. ''E' dunque necessario - ha aggiunto - restituire a queste giornate di confronto il valore che meritano, il valore dell'azione''.
I numeri parlano chiaro: la fame uccide di più dell'aids e della tubercolosi. Sono 821 milioni le persone che hanno sofferto la fame nel 2017, il 60% di loro sono donne. Circa il 70% delle popolazioni più povere vive in aree rurali e lavora in agricoltura. Il 45% delle morti infantili è dovuto alla denutrizione mentre 151 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni soffrono di rachitismo.
Le regioni del mondo più colpite sono l’Asia meridionale e l’Africa a Sud del Sahara. In queste due aree si registrano i più alti tassi di denutrizione della popolazione, arresto di crescita, deperimento e mortalità infantile. In Africa a Sud del Sahara, si registra un tasso di denutrizione del 22% sul quale incidono condizioni climatiche avverse, instabilità politica e conflitti prolungati. Tra i Paesi dove la denutrizione è più presente ci sono Zimbabwe (46,6%) e Somalia (50,6%). Sempre nell’Africa subsahariana si trovano i Paesi con il più alto tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni, a cominciare da Somalia (13,3%), Ciad (12,7%) e Repubblica Centrafricana (12,4%).
