Centrafrica. Suor Elvira: "Sembra che nessuno voglia aiutare questo Paese a ritrovare la pace"

 “Oggi ci sentiamo scoraggiati, anche perché la zona di Berberati era considerata l’unica regione senza grossi problemi”: suor Elvira Tutolo (foto), missionaria da 18 anni nella Repubblica Centrafricana, parla degli agguati e delle violenze che stanno spazzando il Paese.


L’ultima imboscata si è verificata a pochi chilometri da Berberati, nella prefettura di Mambere-Kadei, dove la religiosa assiste i minori più vulnerabili, spesso ex ragazzi-soldato.
“I combattimenti si sono verificati domenica pomeriggio, in un villaggio a una ventina di chilometri di distanza da qui” dice suor Elvira: “Ci sono stati almeno 12 morti e nello scontro con i miliziani del gruppo ribelle Siriri è rimasto ucciso anche un peacekeeper dell’Onu”.
L’imboscata è l’ultima conferma di come l’elezione del presidente Faustin-Archange Touadera nel 2015 e gli accordi di pace sottoscritti anche grazie alla Comunità di Sant’Egidio non siano bastati a porre fine alle violenze. Solo la settimana scorsa 48 persone sono state uccise nel blitz dei ribelli dell’Union pour la Paix en Centrafrique (Upc) in un campo profughi allestito presso la cattedrale di Alindao, nel sud del Paese.
Secondo suor Elvira, rispetto alla vicenda di Berberati, a colpire è il coinvolgimento nelle violenze dei peacekeeper della missione Minusca, “che finora erano riusciti a tenere a bada i ribelli”. Altrove, in particolare ad Alindao, i caschi blu sono stati accusati di non aver garantito la sicurezza dei civili, magari utilizzando la forza, come previsto dall’articolo 7 della Carta delle Nazioni Unite.
“Sembra che in realtà nessuno voglia aiutare questo Paese a ritrovare la pace” denuncia la missionaria. “Ci sono troppi interessi, forse anche per il petrolio, i diamanti e l’uranio; la Francia non vuole cedere posizioni nella sua ex colonia e la Russia, di cui pure molto si parla, sembra pensare soprattutto alla geopolitica”.
Il riferimento è anche ai negoziati di pace, paralleli, condotti dall’Unione Africana a Bangui e dal Sudan a Khartoum, in quest’ultimo caso con il sostegno di Mosca, presente in Centrafrica anche con istruttori militari.
Secondo suor Elvira, però, a ostacolare la pace non sono solo i calcoli geopolitici.
“Non ha aiutato e non aiuta – sottolinea la missionaria – l’equivoco secondo il quale a combattersi sarebbero musulmani e cristiani: gli uni identificati con l’alleanza Seleka che prese il potere a Bangui nel 2013, gli altri con le milizie rivali Anti-balaka”.
Divisioni ed etichette che a Berberati non sembrano aver posto. “Con l’ong centrafricana Kizito – sottolinea suor Elvira – proteggiamo tutti i bambini che sono stati costretti a combattere, garantendogli un’alternativa al carcere”.
(Dire)