Brexit. Theresa May verso la sconfitta alla Camera dei Comuni

Se il referendum del 2016 è stata la scommessa (persa) dell'allora premier David Cameron per regolare i conti all'interno del Partito conservatore, il voto del 15 gennaio alla Camera dei Comuni(foto) rischia di essere il definitivo redde rationem tra i Tories. Ma in ballo non c'è solo il futuro del partito che fu di Margaret Thatcher, sempre critica con l'Europa, ma mai tentata dall'avventura di volerne uscire, o quello della premier Theresa May. In gioco c'è la Brexit e con essa, che si realizzi in maniera 'ordinata' o in forma 'hard', è in gioco anche il futuro del Regno Unito e quello della Ue, che dal divorzio più o meno consensuale da Londra rischia di uscire, almeno nell'immediato, piuttosto ammaccata.


May, stando alle dichiarazioni dei vari schieramenti, non dispone dei numeri necessari a fare approvare e ratificare l'accordo: non può - contare su tutti e 317 i voti dei Conservatori, che da soli comunque non le garantirebbero l maggioranza. Le sarebbero necessari i 10 voti del nordirlandese Democratic Unionist Party (Dpu) che finora hanno sostenuto il suo governo di minoranza nato dopo le elezioni anticipate del giugno 2017.
Il Dup ha da tempo annunciato che voterà contro l'accordo. Per gli unionisti nordirlandesi quanto previsto dal 'backstop', la clausola di salvaguardia che dovrebbe entrare in vigore per mantenere aperto il confine tra le due Irlande, è per loro "inaccettabile".
Consapevole di non poter contare su una maggioranza, la May ha rivolto lo sguardo anche a sinistra. Anche su questo fronte però, ha trovato le porte chiuse. I sindacati hanno negato qualsiasi appoggio. Lo stesso ha fatto l'opposizione Laburista, che punta a una bocciatura dell'accordo in Parlamento per sfiduciare il governo e chiedere elezioni anticipate. L'obiettivo finora dichiarato del leader Jeremy Corbyn non è un secondo referendum, ma la vittoria elettorale, per poi poter rinegoziare con Bruxelles i termini della Brexit.
Tuttavia non tutti i 257 deputati laburisti sono d'accordo con la strategia del leader. Un centinaio di deputati sono contrari all'accordo, ma favorevoli a un secondo referendum. Ci sono poi almeno 5 deputati pro Brexit, che appoggiano l'accordo negoziato dalla May e un numero più o meno ristretto di 'responsabili' ai quali la premier sta facendo appello per non far bocciare l'accordo e gettare il Paese in un caotico scenario di 'no deal'. Nessuna possibilità invece per la May di ottenere l'appoggio dei 35 deputati scozzesi dello Scottish National Party, da sempre contrari alla Brexit e favorevoli a un secondo referendum, o della ristretta pattuglia dei Liberal democratici, già schierati con 11 no contro l'accordo.
I numeri dunque non ci sono. Gli analisti, infatti, danno per scontato l'esito del voto e da giorni si interrogano solamente sulle proporzioni della sconfitta che May subirà.